Sunday, July 24, 2016

Il silenzio (degli uomini) uccide

Le questioni di genere provocano spesso reazioni negative negli uomini. Queste reazioni possono variare a seconda della tipologia della notizia, se è un fatto di cronaca o un'esternazione di qualche personaggio famoso (in questo secondo caso, per esempio, vi possono essere numerosi attacchi ad personam). Se fino a qualche tempo fa i problemi di genere venivano visti come cose da femministe, su cui si poteva spendere al massimo un ironico sorriso di superiorità per “queste cose da donne...”, da qualche tempo, anche grazie ai social network, le voci maschili si sono moltiplicate e diversificate, ma quasi mai in positivo. La grande maggioranza dei commenti di uomini sembra partire da una negazione a priori della questione di cui si sta parlando. Si parla del femminicidio come fenomeno? Si osserva che i dati parlano di poche donne uccise sul totale, si eccepisce sulla semantica del termine, si accusano le femministe di voler condannare i maschi in blocco. Si parla invece di un caso specifico? In questo caso si osserva che lei deve averlo provocato, oppure si sposa la tesi del raptus, o ancora si fa del benaltrismo: “E allora le donne che uccidono gli uomini??” Quando poi si parla di stupro, si parte dalla presunzione di innocenza del maschio, si arriva a gettare la colpa sulla donna, anche qui si dirotta la discussione sugli stupri subiti dagli uomini... Questo per i problemi più seri: non parliamo nemmeno del “manspreading”, che alla meglio viene ritenuto essere “non un vero problema”, o della questione dei nomi declinati al femminile, argomento per il quale si scoprono tutti provetti linguisti che sentenziano, senza appello, che “queste parole sono sbagliate”; e non parliamo nemmeno dei fanatici per i quali le femministe sono tutte rapaci misandriche a caccia di eredità e pronte a sposarsi solo per gettare in seguito sul lastrico il poveretto, magari bevendo “lacrime maschili” alla sua salute: quelli che arrivano a commentare così sono una minoranza, per quanto folkloristica... Insomma, verrebbe da dare ragione alla giornalista inglese Helen Lewis, che osservando la stessa situazione nei quotidiani online in inglese (si tratta infatti di un fenomeno internazionale) ha perfino proposto ironicamente una “legge” sul modello delle umoristiche leggi di Murphy: “Il contenuto dei commenti di qualunque articolo sul femminismo, giustifica il femminismo”. Andrà anche detto che moltissimi commenti critici vengono anche da donne, ma è indubbia l'elevata frequenza di commenti di maschi, tanto più considerando l'aggressività con cui molti sono scritti, in barba a qualunque netiquette. Qual è il problema? Il problema credo che sia nella grande massa di commentatori uomini che non attaccano. Molti tacciono: forse non sono interessati, forse non le ritengono questioni di loro competenza, oppure, magari, non pensano di poter fare la differenza prendendo le distanze dagli elementi più violenti del loro sesso. Altri tentano giustificazioni più o meno pretestuose: il cosiddetto argomento del “not all men”, che nella maggior parte di loro può anche voler dire semplicemente “io mi chiamo fuori, perché io non sono così”. Se però così tanti uomini non sono così, forse ci si può aspettare una presa di distanza più netta: se sanno in coscienza di essere brave persone che non toccherebbero mai una donna, e soprattutto se si rendono conto che questi sono comportamenti criminali, perché non scandalizzarsi di fronte a casi di donne violentate, massacrate, date alle fiamme? Perché così tanti uomini non vogliono dare il buon esempio dissociandosi dagli elementi peggiori della mascolinità? Perché nel caso delle questioni di genere così tanti uomini non avvertono l'esigenza di gridarlo, che quelli non sono veri uomini? Che l'ideologia del possesso patriarcale violento è sbagliata e condannabile? Che i loro figli e le loro figlie hanno diritto a non crescere in un mondo in cui questo sistema non esiste più? A me vengono in mente alcune spiegazioni: potrebbe essere cattiva coscienza? Timore di venire giudicati dagli altri maschi? O ancora una mancata comprensione delle dinamiche di potere e di privilegio? Non so dare una risposta precisa, forse sono tutte queste cause insieme, forse altre ancora; quello che mi sento di dire è che non possiamo stancarci di esigere che tutti gli uomini si dissocino ad alta voce dagli esiti più drammatici a cui il possesso patriarcale conduce, e allo stesso tempo rigettino il sistema di pensiero e cultura che lo sostiene. Evitino quindi anche di giustificare (e giustificarsi) offese e battute sessiste come semplice “ironia”: non è così, perché così come “sporco n...” o “bastardo ebr...” non sono semplici “battute”, anche gli insulti sessisti sono pietre che feriscono persone vive, perpetuano stereotipi e preservano il privilegio di chi può offendere rispetto al non-privilegio di chi viene offeso. C'è tantissimo che come uomini possiamo fare per prendere le distanze dalla violenza perpetrata sulle donne: è ora che cominciamo per lo meno ad accettarne la realtà e a parlarne senza remore. E.